Lorenzo Rossetti
LORENZO ROSSETTI (MIXO) - Biografia Non ho mai saputo cosa volessi fare nella vita e, se devo essere sincero, non lo so nemmeno ora, ma fra le tante cose che ho fatto, che faccio e che farò, una almeno dev'essere legata alla musica. Ho sempre considerato la musica come qualcosa di trascendentale, un regalo fatto dal Creatore all'essere umano che gli permettesse di esprimere e comunicare i propri sentimenti in un modo diverso da quelli convenzionali. Non esiste persona al mondo che non si senta attratta da una melodia, un ritmo o semplicemente un suono più o meno armonico. E nessuno "sente" la musica nello stesso identico modo in cui la sente qualcun altro. Per quanto ci sforziamo di tradurla o ridurla in spartiti o in altre forme di scrittura non riusciremo mai a trasmettere il sentimento e le sensazioni del tutto personali che una musica ci dà. Siamo tutti musicalmente daltonici, se una canzone fosse un quadro ognuno di noi lo vedrebbe con colori diversi rispetto a chiunque altro; simili ma mai identici. La musica è arte, ognuno di noi la sente a modo suo ed esclusivamente suo. Nonostante ciò, quando avevo due anni, mi racconta mia madre, mi mettevo a piangere ogni qual volta sentissi il canto di una voce femminile. Non sopportavo, o forse mi rattristivano, le nenie, le ninne nanne, i canti intonati nelle chiese o nelle processioni, in compenso però amavo il ritmo e le orchestre. Mio padre era cantante e batterista professionista, con la sua orchestra suonava cinque mesi al mare d'estate (Loano) e cinque mesi in montagna d'inverno (Ortisei). Mia madre e io lo seguivamo però solo per un mese in entrambe le località. Rimanevo incantato a guardarlo e seguivo le sue mosse dalla prima all'ultima nota della serata, il massimo per me era quando suonavano i twists, i cha-cha-cha e le canzoni dei Beatles. Avevano una cantante inglese di nome Lynn che aveva una figlia, Carole, dalla quale appresi le mie prime frasi in inglese, e ballavamo mentre i nostri genitori si esibivano, avevo quattro anni e Carole otto ed era uno spasso per tutti vederci in pista a dimenarci a ritmo di twist. Mio padre era il mio idolo e la mia guida e chi mi chiedesse a quel tempo chi fra mia madre e mio padre amassi di più non doveva attendere molto la mia risposta per nulla diplomatica. Il nostro legame era veramente forte e io soffrivo molto la sua mancanza durante i mesi in cui lui non c'era. Fu proprio a causa di questa mia palese sofferenza che un giorno decise di cambiare lavoro per stare più tempo con la sua famiglia. Per me quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, avevo un papà a tempo pieno e una batteria in casa, sempre a mia disposizione. Lui, infatti, non abbandonò mai la sua passione che fino a poco tempo prima era il suo lavoro ma semplicemente la coltivò come hobby. Entrò a far parte di non so quante altre orchestre questa volta con un genere musicale diverso, il liscio, e suonava solo nei weekend. La batteria, le percussioni (mio padre ne aveva un baule pieno), ma anche tutto ciò che mi permettesse di generare ritmi e suoni strani, sono da sempre gli oggetti più feticistici della mia vita. Ricordo che, durante un viaggio in Indonesia all'età ormai matura di 33 anni, quando vidi per la prima volta a Java il Gamelan e ne ascoltai il suono, l'emozione fu così forte che mi scesero le lacrime e giurai che prima o poi avrei posseduto anche uno solo degli strumenti che ne compongono l'ensemble. Ho sempre amato ascoltare musica ma ancor di più "farla", riuscire a emulare il ritmo di una canzone che mi piacesse mi spingeva a sperimentare cose sempre più difficili e complicate, spesso con risultati deludenti almeno all'inizio, però sempre migliori di volta in volta. Mio padre m'insegnò le basi e l'impostazione classica del batterista dalla quale ben presto mi discostai, un po' per pigrizia e un po' per ricercare nuove combinazioni che mi permettessero di realizzare "subito" ritmi più complessi e a mio parere più accattivanti. Quello fu un errore che ancora oggi non mi so perdonare, se avessi seguito un metodo di studio invece che il mio istinto o il mio mediocre talento naturale forse adesso saprei “veramente" suonare la batteria. Altra cosa che mi ha sempre incuriosito e affascinato era ...ebbene sì... "LA RADIO". Sin da piccolo, tutti quei suoni e quelle voci che provenivano da chissà dove stimolavano la mia fantasia e la mia sete di conoscenza. Mia madre mi raccontava che cercavo di scoprire all'interno delle radio dove fossero gli omini che parlavano e suonavano finché con il passare degli anni ne studiai effettivamente il funzionamento e ne feci tesoro. All'epoca la radio era solo in AM (modulazione d'ampiezza), non esisteva, o per lo meno, non si usava ancora l'FM (modulazione di frequenza) almeno per quel che riguardava le radio commerciali. Per una questione di propagazione delle onde elettromagnetiche, di giorno si riuscivano a ricevere solo pochi canali radio in AM ovvero solo la RAI, ma di sera..... Di sera si apriva il sipario su un mondo di emittenti radiofoniche da tutto il mondo, un miscuglio di lingue incomprensibili, affascinanti ed esotiche al tempo stesso e di musiche e suoni di ogni genere. Rimanevo ore incollato all'enorme radio a valvole della sala di casa mia cercando di capire, più dall'intonazione degli speakers che dalle loro parole, ciò che dicesse qualche commentatore cinese o arabo piuttosto che tedesco o russo; il mondo non finiva a Soresina... E ogni volta che cambiavo frequenza la mia immaginazione mi portava in terre lontane, misteriose e sconosciute, accrescendo sempre più il mio desiderio di viaggiare e di conoscere. Poi qualcuno ebbe la geniale idea di regalarmi una radiolina a transistors e fu per me come passare dal pallottoliere al computer. Me la potevo portare ovunque, persino a letto di sera, in modo da prolungare l'ascolto anche nelle prime ore della notte. Fu allora che, smanettando in su e in giù per le frequenze, una sera trovai un'emittente con un sound decisamente accattivante e completamente diversa da tutte le altre. Ogni sera, dalle dieci a mezzanotte, andava in onda una Top 30 diversa: Rock, Pop, Disco, UK, American, Singles, Albums, ecc.; l'emittente in questione si chiamava "RADIO LUXEMBOURG", trasmetteva sui 208 metri in AM, gli studi erano a Londra, 38 Hertford Street, area W1Y, ma le antenne in Lussemburgo, per eludere il monopolio BBC del Regno Unito. Mi ricordo ancora il jingle delle news che diceva: "This is Radio Luxembourg, London W1Y, 208, international news". Se dovessi stilare oggi una classifica di gradimento fra tutte le radio commerciali che ho ascoltato nella mia vita direi che Radio Luxembourg occupa il primo posto in assoluto; il ritmo, la verve, la qualità, la professionalità, la selezione musicale, l'originalità e l'assoluta diversità dei suoi programmi la collocano nella stratosfera delle emittenti di quel periodo, e non solo. Radio Montecarlo, che venne un po' più tardi, e poi ancora Radio Milano International hanno nel loro DNA dei cromosomi di Radio Luxembourg. Fu la prima radio pirata, privata o libera che dir si voglia d'Europa. Dalle sue frequenze ascoltai per la prima volta artisti al tempo sconosciuti come Chick Corea, Pink Floyd, Weather Report, Tangerine Dream, Genesis, Emerson Lake & Palmer, ecc., suoni nuovi che avrebbero cambiato il modo di concepire e fare musica. Ma fra tutti questi una canzone su tutte aspettavo ogni sera e non dormivo se non arrivava; era "It's Too Late" di Carole King. Sì, è vero, posso senza ombra di dubbio affermare che quella canzone e la sua interprete furono i primi amori della mia vita. RCL 26 a parte, solo un’altra radio, stavolta di Los Angeles, riuscì dopo molto tempo a tenermi sveglio la notte per non perdermi neanche uno dei suoi programmi, e fortunatamente per brevi periodi soltanto, visto che non bazzicavo spesso da quelle parti. KTWV, The Wave, sui 94.7 FM, fu la prima radio tematica Jazz (smooth, funky, fusion, ecc.) che ebbi la fortuna di sentire; quel genere musicale colpì il mio apparato uditivo incastonandosi da qualche parte fra cuore e cervello così profondamente da non poter più essere rimosso. Ma questa è già storia più recente, quindi non pertinente al tema qui trattato. Ritornando invece alla mia preadolescenza, mi ricordo che all'età di 12 anni raccattai un po' di amici, tra cui Massimo Ottini, e formai il mio primo gruppo musicale, ci chiamavamo "The Buildings" e suonavamo nelle feste parrocchiali e di quartiere. Facevamo pezzi, ovviamente, degli ex Beatles (mi ricordo My Sweet Lord di George Harrison) e della Formula Tre (Eppur Mi Son Scordato Di Te, La Folle Corsa) e altri ancora. Due anni dopo, con Marco Migliorini e Alberto Lacchini formammo il gruppo "Vecchio Futuro", sperimentavamo nuove sonorità e nuove tecnologie, mini Moog autocostruiti, pick-up applicati a tutto quello che ci passava per le mani, combinazioni di oscillatori e filtri elettronici che emettevano rumori e suoni di ogni genere, il tutto per emulare le sonorità dei Tangerine Dream, dei Pink Floyd o degli Area. Suonavamo pure pezzi della Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, New Trolls, Emerson Lake & Palmer, ecc. Sempre in quel periodo formai un altro gruppo con altri elementi ancora, si chiamava “Cromosoma Y”, con un repertorio musicale di stampo rock; ci ispiravamo ai Black Sabbath, Deep Purple, Jethro Tull, Led Zeppelin, ecc. Nella seconda metà degli anni 70 poi arrivarono la Soul Music, il Philadelphia Sound e altre correnti musicali che sarebbero poi sfociate nella Disco Music, le prime radio libere incominciavano a fare capolino soprattutto nelle grandi città e mi stuzzicava l'idea di 'agitare' un po' anche l'etere della mia amata Soresina. Frequentavo la 4ªB dell'Istituto Tecnico Commerciale quando una mattina, un mio professore supplente (Mario Pedrini), poco più anziano di me e che abitava nel mio stesso quartiere, mi disse che da casa sua aveva ascoltato alla radio tutto quello che era successo a casa mia la sera prima. La spiegazione è semplice: avevo appena costruito il primo prototipo di trasmettitore FM e me l'ero dimenticato acceso, con un microfono collegato. A parte la figuraccia da pollo lesso, avevo però avuto la conferma che il marchingegno funzionava e magari, con un'antenna sempre rigorosamente autocostruita e installata sul tetto della casa del nonno, avrebbe potuto andare oltre i confini del quartiere. Così fu, quello che accadde poi è già stato narrato nella pagina " storia " di questa web e, purtroppo, come tutte le storie più belle, anche RCL26 non durò a lungo ma rappresentó uno dei periodi più felici della mia vita. La mia attività musicale comunque non si spense con la radio; Gruppo Cinque, Gruppo Elettrogeno, Generator Band, Polaris, Weather Rifát, Omnia, sono nomi di altrettante band di cui ho fatto parte, e altre ancora di cui purtroppo non ricordo più il nome ma soltanto i componenti. Scorrendo quei ricordi mi sorprendo sempre con il sorriso sulle labbra e nel cuore, ho incontrato tanta gente nella mia vita e ho vissuto tante esperienze ma quelle persone conosciute grazie alla musica e alla radio mi sono rimaste dentro, istintivamente, sapendo che anche se non le avessi mai più riviste, si sarebbero ricordate di me come io di loro, sempre e dovunque. Lorenzo Rossetti
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